Il Biancoperla, varietà autoctona
Varietà autoctona di mais bianco
La tradizione del basso Piave
Province interessate alla produzione : Venezia, Treviso, Padova, Vicenza, Verona.
La storia:
Giacomo Agostinetti, agronomo di Cimadolmo, nel suo libro “Cento e dieci ricordi che formano il buon fattor di villa” edito a fine ‘600, segnala la presenza diffusa nel territorio veneto, di un “sorgoturco bianco” , progenitore dell’attuale Bianco Perla, specie nei “Quartieri della Piave”. Solo nella seconda metà dell’800 si colloca la sua maggiore diffusione grazie ad una maggiore resa rispetto alle altre varietà dell’epoca.
Le sue origini non sono ancora chiarite anche se sembra possibile ricondurre il Biancoperla al gruppo più ampio dei “Perla”. Alcune pubblicazioni descrivono varietà denominate “Perla” in Argentina ( Girola, 1919 ; INTA, 1997) ed in Bolivia (Avila G., 1990) con endosperma bianco ma a volte anche giallo e che, oltre al nome, potrebbero avere anche qualche legame con questa varietà.
Nel Veneto, esistono diverse notizie riguardanti la diffusione del Biancoperla (Maliani, 1946) chiamato anche Bianco Perla di Piave (Angelini, 1938) o Perla Piave Miniscalco (1946), citandole come varietà coltivate nel Veneto orientale e Friuli Venezia Giulia. Una descrizione della pianta e delle caratteristiche della sua granella viene riportata dettagliatamente in “Granoturchi da seme per riproduzione da granella e per semine da erbaio” edito dal Consorzio Agrario Provinciale di Udine nel 1950.
Negli atti del I° Congresso Nazionale dei Mais Ibridi tenutosi nel 1954 all’Istituto di genetica e sperimentazione agraria “N. Strampelli” di Lonigo, viene riportato come nei primi anni cinquanta, la coltivazione del Mais Biancoperla interessi nel Veneto e Friuli Venezia Giulia circa 58.200 ha pari al 23,9 del totale e così ripartite: Treviso 35.000 ha; Padova 13.000 ha; Vicenza 4.000 ha; Venezia 3.200 ha; Udine 3.000.
Questa varietà di mais ha tuttavia subito nel dopoguerra una lenta ma continua concorrenza delle sementi ibride di mais costituite negli Stati Uniti d’America, assai più produttive delle varietà locali tradizionali. Oggigiorno la sua presenza è ridotta a limitate aree, vere e proprie “enclave” nelle provincie di Venezia, Treviso, Padova e Verona. C’è da dire in verità, che il Biancoperla coltivato oggi nel Veneto presenta delle caratteristiche non sempre uniformi ed a volte non completamente coerenti con i dati ritrovati nelle pubblicazioni che descrivono tale varietà. In particolare vengono coltivate due tipologie principali. La prima (ITA0340324) più precoce, sviluppa una pianta di minore dimensione ma con una spiga con un maggiore numero di ranghi, mentre la seconda (ITA0340323) presenta generalmente una granella più vitrea,con minor numero di ranghi e maggiore lunghezza della spiga. Per quest’ultima varietà è probabile che ci sia stato un qualche contatto con il gruppo delle “Righette” (Righetta del Piave, Righetta Tagliamento etc. etc.), diffuse nella zona del Veneto orientale, normalmente più precoci rispetto al Biancoperla. Negli ultimi anni sull’onda della maggiore sensibilità verso il recupero e la conservazione delle biodiversità e dei prodotti agrari locali, alcuni appassionati agricoltori hanno continuato a coltivarlo.
Riunitisi in un’associazione, la “Associazione Conservatori Mais Biancoperla“, si rivolsero agli insegnanti dell’Istituto professionale agrario di Castelfranco Veneto ( TV ), che praticavano l’agricoltura biologica nelle coltivazioni scolastiche.
Questi stessi insegnanti capirono l’importanza di salvare una qualità autoctona ormai quasi perduta. Misero in contatto l’associazione di maiscoltori con l’Istituto sperimentale di genetica agraria “Nazareno Strampelli” di Lonigo (VI) che stava conducendo un lavoro di recupero delle antiche varietà di cereali. L’Istituto fu molto attivo nel fornire un indispensabile aiuto per la stesura del disciplinare di produzione e di trasformazione, ultimato nel 2001.
Nel 2003 l’assemblea dei soci deliberò di tutelare la denominazione e l’immagine della stessa, depositando il marchio ed il logo della associazione. Nella realtà però l’applicazione del disciplinare si rivelò essere un sistema troppo oneroso, burocratico e complicato incentrato com’era sulla sorveglianza delle sementi, delle operazioni colturali e di trasformazione, nonchè sulle quantità vendute per cui alla fine solo pochi agricoltori biologici aderirono. Anche dal punto di vista commerciale ed economico l’operzione non si dimostò vantaggiosa. Pure il riconoscimento del Bianco Perla come presidio da salvaguardare e da promuovere da parte del movimento Slow Food di Carlo Petrini non smosse le acque più di tanto. Il presidio è un riconoscimento notevole, riservato a prodotti di nicchia e di elevata qualità, in pericolo di estinzione. Il Bianco Perla viene annoverato anche tra i “nove gioielli veneti da salvare” per il dipartimento regionale di Veneto Agricoltura.
Il Biancoperla è seminato di norma alla fine di Marzo o all’inizio di Aprile. Necessita di un terreno ricco di sostanze organiche e ben concimato. La semina si effettua in file distanti 75cm e ad una profondità di 2-4cm. Le pannocchie vengono raccolte tra Settembre ed Ottobre. La raccolta avviene normalmente ancora oggi a mano o mediante macchine spanocchiatrici in modo da raccogliere le spighe intere. Queste vengono essicate all’aria e conservate tali quali fino al momento della sgranatura e della successiva macinazione della granella. Nel caso in cui vengano utilizzate mietitrebbie, la conservazione avviene direttamente in granella e conservata in silos. Tale varietà presenta caratteristiche qualitative superiori per l’ottenimento di farina bianca da polenta. Nel passato il Biancoperla era diffuso appunto per l’ottima qualità delle sue farine. La sua cariosside è vitrea e di colorazione bianco perlaceo da cui deriva il nome stesso della varietà.
Le pannocchie sono affusolate, allungate, senza ingrossamento basale e misurano mediamente dai 23 ai 25 cm, con grandi chicchi bianco perlacei, brillanti e vitrei. Per la macinazione è preferibile la macinatura a palmenti, usando le vecchie pietre naturali a bassa velocità, perchè assicura il passaggio nella farina, dei grassi del mais dai caratteristici composti aromatici. Un’ultima curiosità: a differenza di quanto uno possa immaginare, ingannato dal nome, la polenta ottenuta dalla farina di mais Biancoperla anche se più gustosa si presenta più scura rispetto alla polenta ottenuta dagli altri ibridi bianchi presenti sul mercato.
Brochure e Documenti dei Conveni dell’associazione per la conservazione del Binacoperla